È sempre importante sapere in ogni momento qual è il grado di salute del nostro cuore.
Il consiglio è quello di non aspettare ad avere sintomi che facciano presumere la presenza di una problematica cardiologica, avendo presente il fatto che le malattie al cuore sono circa il 15-20% delle malattie in generale e sono responsabili del 30-40% della mortalità generale (se non si tiene in considerazione la mortalità da vecchiaia).
Che cosa significa “tenere sotto controllo la salute del nostro sistema cardiocircolatorio”? Ne parliamo con il dottor Bruno Passaretti Responsabile della Cardiologia clinica di Humanitas Castelli.
Dottor Passaretti, quali sono le malattie cardiovascolari che ci colpiscono più di sovente?
«La più classica è la cardiopatia ischemica, che può provocare l’infarto, la sindrome coronarica acuta e altre patologie. Poi ci sono tutte le malattie valvolari e le varie aritmie, con la fibrillazione atriale in primo piano. A queste si aggiunge lo scompenso cardiaco, che è la determinante comune di varie altre patologie».
A quale età è bene cominciare a sottoporsi a controlli anche in assenza di sintomi?
«Il primo controllo andrebbe fatto già in età adolescenziale perché ci sono malattie del cuore congenite che possono comportare problemi anche gravi e la cui presenza può essere verificata solo attraverso controlli approfonditi. Se pensiamo invece alle malattie più classiche, come ad esempio l’infarto e l’angina, è bene sottoporsi a controlli a partire dai 40 anni per gli uomini, e un po’ più in là con l’età per le donne, in correlazione con l’arrivo della menopausa».
C’è dunque una differenza tra uomini e donne, se parliamo di incidenza delle malattie cardiovascolari?
«Sì, le donne sono inizialmente favorite perché le malattie cardiovascolari hanno un’incidenza minore su di loro rispetto agli uomini. Questo accade perché le donne sono protette dagli estrogeni e acquisiscono i rischi propri degli uomini solo con l’arrivo della menopausa. Il problema è, però, che quando si ammalano la loro prognosi è peggiore di quella dell’uomo, per due motivi. Il primo è che i sintomi nelle donne sono spesso più sfumati ed è più difficile individuare la malattia quando è nei primi stadi. Il secondo è che la donna è spesso vittima di forme particolari di malattie – come il diabete gestazionale, l’eclapsia, i problemi che sorgono durante la gravidanza e le complicanze trombotiche delle terapie anticoncezionali – che possono contribuire a peggiorare la condizione cardiovascolare».
Quali sono i campanelli d’allarme che ci devono spingere a sottoporci a una visita cardiologica?
«Si possono manifestare vari sintomi in grado di destare qualche sospetto, come l’avvertire un senso di oppressione, uno stringimento al petto quando si compie uno sforzo, una mancanza di fiato che prima non si aveva. In questi casi è bene “raddrizzare le antenne” e farsi vedere da uno specialista».
La visita cardiologica è sempre il primo passo da compiere?
«Sì, è molto importante farsi visitare con regolarità, pur in assenza di sintomi evidenti, da uno specialista che sappia comprendere il profilo di rischio del paziente, consigliarlo sui comportamenti da tenere per mantenersi in salute o indirizzarlo, nel caso in cui siano state individuate problematiche, a esami supplementari e alle corrette cure. Un’accortezza da rispettare con continuità è anche quella di sottoporsi a esami del sangue attraverso cui possono essere tenuti sotto controllo i valori fondamentali per la salute cardiovascolare come quelli relativi al colesterolo, alla glicemia e all’uricemia. E poi, per finire, non guasta mai il controllare, ogni tanto, la propria pressione, azione che può essere eseguita comodamente anche nella farmacia più vicina a casa».
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